L’economia è un concetto strettamente legato ai bisogni dell’uomo e ai contesti in cui lo stesso si trova a vivere. All’inizio dei tempi l’uomo primitivo aveva bisogni sostanzialmente legati alla sopravvivenza e il contesto in cui viveva forniva naturalmente ciò di cui aveva bisogno: l’uomo primitivo era sia produttore che consumatore, trovava in natura tutto ciò che gli serviva, frutta, radici, prede, ripari; era produttore nel senso che raccoglieva, cacciava e consumatore nel senso che viveva di ciò che produceva. La competizione si manifestava, aggressiva e mortale, nel momento in cui i beni disponibili non erano sufficienti per tutti.
Anche se i bisogni rimanevano sostanzialmente legati alla sopravvivenza, con l’evoluzione della specie l’uomo imparò a sfruttare le sue abilità e a specializzarsi in ruoli diversi, chi prediligeva la caccia, chi la semina e la raccolta di prodotti agricoli, chi l’allevamento degli animali; ritrovandosi così ad avere più del necessario del prodotto derivante dalla specializzazione e meno degli altri, nacque il concetto della sovrapproduzione e del baratto per scambiare un prodotto in eccesso con uno mancante.
Il baratto diventò presto però difficile da gestire perché presupponeva una disponibilità continua di ciò che serviva nel luogo e nel momento in cui ve ne era la necessità, per cui l’uomo inventò la moneta che all’inizio era sostanzialmente una merce di scambio, poteva essere riso, sale, in ogni caso serviva per riportare prodotti diversi alla stessa misura e poterli scambiare.
A quel punto l’uomo non era più il consumatore di ciò che produceva ma di ciò che acquistava da qualcun altro che lo vendeva. La competizione comincia ad avere il significato che si porterà dietro per molti e molti secoli: la capacità di contendere con altri soggetti nella vendita degli stessi prodotti o servizi al fine di rimanere sul mercato. Nasce l’economia competitiva.
Questa, a parità di prodotto e/o servizio, si basa prevalentemente sul valore che il cliente percepisce e apprezza e per il quale è disposto a pagare, quindi le aziende hanno cominciato ad analizzare i propri processi interni al fine di identificare ed eliminare le attività a non valore cercando di abbassare i costi ed aumentando la qualità del prodotto/servizio e poter così reggere la pressione della concorrenza. Questo tipo di competizione ha generato negli ultimi anni molti vantaggi per i consumatori che potevano usufruire nel tempo di prodotti e servizi sempre migliori a prezzi contenuti.
La recente globalizzazione dei mercati e l’interconnessione favorita dallo sviluppo tecnologico però, ampliando di molto i contesti in cui le organizzazioni sono costrette ad operare e a competere e riducendo improvvisamente di moltissimo i tempi di reazione, hanno mandato in crisi il modello dell’economia competitiva; nessun’azienda infatti ha massa critica sufficiente per competere da sola nel mercato globalizzato ed interconnesso, ha bisogno di alleanze, di collaborazioni, pena il fallimento.
Ecco allora affacciarsi all’orizzonte la prospettiva per il futuro: l’economia collaborativa e gli ecosistemi aziendali.
L’economia collaborativa sposta il concetto di business dal modello in cui vi è un’azienda che offre un prodotto o un servizio direttamente ad un’altra azienda in un contesto chiuso, ad un modello in cui l’azienda che vende e quella che compra si trovano, si incontrano e interagiscono in un ecosistema aziendale aperto a tutti gli operatori di una medesima filiera di business.
Questo modello è facilitato dalla disponibilità attuale di piattaforme digitali che fungono da abilitatori perché non erogano servizi o prodotti dall’alto verso il basso ma agiscono orchestrando il business, mettendo cioè in contatto chi cerca con chi offre e diventando veicolo di reputazione, fiducia e appartenenza. Questo concetto è ancor più amplificato dalle piattaforme stesse quando vengono condivisi strumenti o beni di proprietà per l’utilizzo comune e condiviso soprattutto verso il consumatore finale del servizio (es. Uber e Arbnb).
Un ecosistema aziendale è sostanzialmente una rete di aziende che operano nella stessa filiera di business, tenute assieme da relazioni liquide, mobili, mutevoli legate da flussi di dati, prodotti, servizi e denaro. Le relazioni combinano sia aspetti di concorrenza che di collaborazione, spesso implicando complementarietà tra i diversi prodotti o servizi e suggerendo business collaterali legati alla capacità d’integrazione tra i vari soggetti, accrescendo e diversificando le opportunità in una catena dalle infinite possibilità.
Negli ecosistemi, le aziende collaborano anche competendo perché co-evolvono nel ridefinire nel tempo le loro capacità e le relazioni con gli altri, sia all’interno che all’esterno dell’ecosistema aziendale traendone tutte dei vantaggi. Un ecosistema di business non è un’aggregazione difensiva, bensì è un approccio sistemico per il consolidamento e la acquisizione di nuovi spazi, nuovi mercati e nuove opportunità, avendo la capacità di dare risposte tempestive e vincenti grazie ad un’orchestrazione elastica ed efficace.
Esistono già casi dove i principi di apertura e collaborazione diffusa e applicata allo sviluppo di prodotti e servizi hanno portato a dei risultati in tal senso; ad esempio, l’utilizzo di spazi/magazzini in comune all’interno di aziende confinanti, la condivisione di attrezzature, macchinari, infrastrutture, hanno contribuito ad una riduzione dei costi e allo sfruttamento di un potenziale diversamente non usato. Ciò porta inevitabilmente ad uno scambio di conoscenza reciproca fra le aziende che si trovano a condividere anche le diverse competenze e a collaborare per ottimizzare al meglio il loro processo lavorativo.
Come fare per agevolare questo processo?
Come approcciare le dinamiche di gestione organizzativa dell’azienda?
Come coinvolgere manager e collaboratori per farli diventare soggetti attivi di un cambiamento che li coinvolge in modo totalizzante?
La risposta a queste domande la trovate nella seconda parte dell’articolo.
Buona lettura.
A cura del Tavolo Sviluppo Competenze e Risorse Umane
Coordinatore del Tavolo: Gianluca Sardelli
Autori dell’articolo: Rita Castellani e Mario Corsini