Il digitale correttamente introdotto in azienda tocca nel vivo gli aspetti più delicati dell’organizzazione industriale. Per sfruttarne appieno il potenziale competitivo ci vorrebbero tempo, risorse ed anche idee di cui spesso disponiamo in maniera limitata. Ma:
Possiamo davvero permetterci un approccio per isole indipendenti nel processo di digitalizzazione della nostra azienda?
Vogliamo davvero lasciare che il Next Generation EU ci passi sopra la testa?
Lo stato di fatto
Da anni le nostre aziende sono bombardate da appelli alla digitalizzazione, come investimento indispensabile per renderle sane e competitive in un mercato globale sempre più agguerrito. Le stessi leggi dello stato prevedono una molteplicità di iniziative ed incentivi a favore degli investimenti privati nella innovazione e nelle tecnologie abilitanti della comunicazione e dell’informazione. La pandemia ha poi accelerato il processo di digitalizzazione delle imprese e lo sviluppo delle attività a distanza, in nome della salvaguardia della salute pubblica e della continuità aziendale. Il governo Draghi ha rimarcato l’importanza del tema, ponendo la trasformazione digitale tra gli obiettivi strategici su cui investire importanti risorse provenienti dal Recovery Fund.
In questo articolo vedremo quali sono i rischi che si corrono nell’investire nella trasformazione digitale e che possono portare a non migliorare la competitività dell’impresa (!), ma anche come creare una prospettiva credibile e desiderabile per le nostre aziende, il territorio, le prossime generazioni.
Le perplessità più diffuse …
… Il continuo bombardamento e le pressioni sulla digitalizzazione mi indispongono.
… Cos’è in pratica questa trasformazione digitale? Comprare programmi nuovi?
… Sono allettato dagli incentivi pubblici: partiamo da quelli e pensiamo a come li possiamo sfruttare.
… Sono disturbato da un costo che mi risparmierei volentieri.
… Sono consapevole che non abbiamo le risorse per essere autonomi.
… Sono contrario all’idea di portare in azienda altre complicazioni.
… Sono scettico che “esperti di computer” possano fare qualcosa di buono dentro la nostra azienda. Non vendono ferro ed è difficile quantificare i vantaggi che vengono così tanto declamati.
… E’ già faticoso contenere i disagi del personale nella situazione attuale, neanche pensare a costringerlo ad utilizzare sistemi nuovi.
… Se ho macchinari nuovi so bene a cosa mi serviranno ed i loro vantaggi: velocità, risparmio di manodopera ed accuratezza delle lavorazioni. E’ quello che mi serve, il resto è accademia.
… Ci parlano di Intelligenza Artificiale, di Realtà Virtuale, altri nomi che non so neanche cosa vogliano dire. Questo è il gioco dei giovani che cercano di vendere i loro videogiochi a chi lavora.
… Le leggi mi incentivano da una parte e mi puniscono dall’altra con una tassazione assurda. Inoltre ora con il codice della crisi impongono nuovi adempimenti che complicano solo la vita. Ma chi fa le leggi non ha mai tornito una vite e non saprà mai ciò che serve davvero. Vado per la mia strada.
Chi non si è mai trovato concorde su almeno uno di questi punti?
Il compromesso
Non vi è dubbio che ogni trasformazione porti con sé un fardello di pena. Accetteremo di affrontarlo se la motivazione vince le perplessità e le remore.
Nella fattispecie, essendo raramente chiaro l’assetto avveniristico cui l’azienda può (e deve!) aspirare, è frequente che le aziende intraprendano una via di compromesso.
Meglio allora non distrarsi: ho già un sistema gestionale, anche se non è perfetto. Con quello faccio l’amministrazione e seguo diverse altre funzioni come magazzino e personale. Le previsioni di fatturato le ho già ordinate nei fogli Excel, dentro file Word e cartelle ordinate in cui mi trovo benissimo.
Mi interesserebbe piuttosto vendere di più e fare margine. Gli incentivi? Sì, mi interessano, per cui spenderò il minimo indispensabile per averne accesso, cercando di disturbare il meno possibile il lavoro dei miei dipendenti, che sono già abbastanza nervosi con tutte le vicende legate al Covid.
Recovery fund?
Roba di Bruxelles, i soldi devono arrivare in Italia, chissà dove andranno a finire. Qui non ce ne accorgeremo neanche.
Aspettiamo il ritorno alla normalità? Nulla sarà come prima, lo sappiamo, ma anche prima non era un gran chè. Resistiamo, stiamo a vedere, ma sarà dura.
D’altro canto …
Abbiamo strumenti che ci restituiscano un’idea chiara, dinamica e precisa di cosa determina i tempi totali di fornitura dei beni (o dei servizi) che vendiamo?
L’analogo per i costi: abbiamo strumenti per attribuire e quantificare rapidamente non solo i costi diretti, ma anche i costi indiretti da attribuire ai prodotti?
Abbiamo valutato come dematerializzare e semplificare i processi aziendali, alla luce dei vincoli imposti dall’emergenza Covid e dei cambiamenti permanenti attesi?
Abbiamo strumenti che ci restituiscano proiezioni economiche e finanziarie immediate, per studiare gli impatti di possibili scenari in fase di pianificazione strategica?
Abbiamo approfondito con esperti del settore come adottare con successo nuove tecnologie digitali abilitanti individuate dal MISE quali ad esempio: Realtà Aumentata, Realtà Virtuale, cyber security ed Intelligenza Artificiale nella mia azienda e non solo nei laboratori di ricerca?
Se abbiamo già intrapreso investimenti nell’ambito del cosiddetto Piano di Transizione 4.0, se ed in che misura abbiamo avvicinato la nostra impresa al modello di business “Industria 4.0?”. La conformità ai requisiti di legge per le agevolazioni fiscali, infatti, anche quando rispettata nella sostanza e non solo nella forma, costituisce solo il primo passo verso tale modello.
Non ultima: data la disponibilità odierna delle tecnologie e delle competenze, possiamo confidare che i concorrenti attuali e futuri si accontenteranno di un approccio di compromesso e vantaggi competitivi parziali?
Non trascurabile: Next generation EU. Se la distribuzione delle risorse, come pare certo, non sarà a pioggia, ma sarà legato alla presenza ed alla credibilità di piani di sviluppo strategici. Vogliamo davvero essere noi stessi la causa della perdita della più clamorosa ed insperata delle opportunità di riscatto delle nostre imprese?
Sono solo alcune delle domande
Insomma: ci sono ottimi motivi per prendere sul serio la sfida.
Nella seconda parte dell’articolo entreremo nel merito dei limiti di un approccio basato su soluzioni fini a se stesse. Concluderemo con una sintesi dei passi concreti per una trasformazione digitale coerente con un piano strategico aziendale. Nella incredibile penuria di modelli operativi per le nostre PMI, AICIM è sviluppatore e promotore di un modello già collaudato, in linea con gli indirizzi strategici individuati a livello nazionale ed europeo.
A cura del Tavolo Digitalizzazione
Coordinatore del Tavolo: Michele Vanzi