In antitesi un sistema complesso assume una dinamica spesso incoerente e slegata da quello dei suoi componenti. Questa è la complessità negativa che genera costi impropri.

 

Si tratta quindi di passare dalla complessità dei singoli elementi a quella del sistema nel suo insieme, inteso come componenti dinamiche poste tra loro in relazione. Mappare quindi le relazioni tra gli elementi di contesto e gestionali presi a riferimento, il livello di organizzazione aziendale, la sostenibilità del business, l’indice di stabilità della formula imprenditoriale. Il tutto genera il presupposto analitico per definire la complessità, fattore di spinta o di freno all’impresa.

 

E nel rendere fluide queste relazioni un ruolo importante lo giocano le nuove tecnologie e l’A.I. La digitalizzazione (in tutte le sue forme e possibili livelli di pervasività) rappresenta un elemento abilitante la relazione positiva tra gli elementi aziendali, favorendo l’instaurarsi/mantenersi della complessità positiva.

Basti pensare alla disponibilità di indicatori di sintesi (K.P.I.) come elementi chiave per capire da quale parte stia la complessità. Il solo processo di raccolta dati e creazione indicatori è un elemento che da solo è termometro del lato della complessità esistente.

 

In sostanza vale la differenza tra la complessità evolutiva e la complessità negativa, preservando l’azienda da possibili fenomeni critici che, ovviamente, possono avere origine da elementi esterni ma anche provenire dall’interno dell’azienda stessa.

Vale la pena disegnare una mappa sintetica del sistema organizzativo per processi funzionali al raggiungimento del prodotto/servizio ottimale con le loro interazioni e flussi di avanzamento cercando di “semplificare la complessità”

La mappa del sistema, quindi, intesa come insieme dei flussi di relazione tra le variabili che compongono il sistema stesso, mappa a connessione “nitida”, consente di verificare se il sistema è “di qualità seppur complessa” o altrimenti in sovraccarico variamente motivato, anche per inerzia o cattiva volontà. (Es. sovrapposizioni di funzioni, ridondanza di operazioni o documentazione con allungamento dei tempi di attraversamento delle operazioni e aggravio di costi)

Potremmo scomodare la fisica parlando di entropia, intesa come quantità di dati e informazioni scambiate all’interno del sistema e, parallelamente, il grado di “disordine” all’interno dello stesso: il grado di capacità risolutiva del sistema, rappresentato dall’insieme ordinato delle variabili considerate, è quindi il macro-criterio di valutazione della complessità.

In sintesi, si ribadisce che possiamo intravedere due tipi di complessità:

  • competitiva
  • di sovraccarico, una sorta di struttura ombra, variazioni di ritmo non ordinate

La “capacità risolutiva” è allora la capacità efficiente di gestione e tenuta delle specifiche di prodotto-servizio, intese come leve di “buon risultato” sul mercato, risultato a qualità competitiva effettiva, di valore. Un set-up aziendale coerente, efficace, efficiente e non “sovraccarico” è quindi antidoto alla complessità negativa.

In generale tale assetto, set-up, può beneficiare nello specifico di un adeguato livello di automazione che comporta una semplificazione organizzativa (e quindi di complessità). Un ulteriore passo è rappresentato dall’A.I. come supporto alla riduzione della complessità dei processi critici (es. previsione vendite, dati di produzione). Il tutto tailor made e non recepito come “novità del momento”.

Anche i principi di Lean Manufacturing possono essere di grande aiuto per orientarsi nel disegnare un set-up aziendale “snello” seppur complesso: pianificare produzione e svolgimento delle varie operazioni considerando l’effetto negativo dei sette MUDA (sprechi), assicura l’ottimizzazione dei costi di attraversamento dei beni o servizi dalla loro progettazione al loro rilascio sul mercato.

Breve inciso. Pessimo, infatti, è il management stesso che genera complessità inutile per avocare potere gestionale.

Negando queste condizioni si attiva una complessità negativa, quindi fonte di costi impropri.

La complessità quindi intesa come “distacco dalla linearità”:

  • variazioni disordinate
  • sovrapposizioni di competenza/azione
  • azioni inutili
  • ripetizioni
  • mancanza di un percorso critico efficace

e quindi relativi “costi” non giustificati a livello di strategia competitiva, quindi costi non valorizzativi di un differenziale qualitativo effettivo sul mercato.

Nella stessa linea sono i costi che potrebbero generare eventi finanziari imprevisti e deleteri per l’azienda.

Ciò genera, quindi, elementi di costo tipici come risultati della complessità negativa.

Ad esempio:

  • costi di acquisizione delle specifiche di commessa, per ripetizioni ed errori, al verificarsi di non conformità dovute, principalmente, ad errori sull’input e sulla gestione dello stesso nel percorso di acquisizione stessa. Essenziale verificare e qualificare i dati di ingresso provenienti dall’esterno e la loro corretta comprensione all’interno dell’organizzazione;
  • altrettanto essenziale proteggere i dati nel percorso produttivo interno all’azienda, in particolare negli snodi tra processi, evitando errori interni
  • costi di mantenimento per uffici, direzioni, divisioni, unità aziendali “inutili”, quindi per sovraccarico organizzativo
  • costi di gestione per informazioni, dati, tutti non “validati” e quindi non coerenti e coordinati
  • costi per “azioni inutili”, ripetitive e scoordinate, quindi sovraccarico operativo
  • esagerato allungamento dei tempi decisionali per effetto di opposte istanze da parte dei vari reparti non rapidamente mediate ed integrate dall’azione Direzionale
  • costi della “Non Qualità”: più tardi emergono le Non Conformità e più i costi lievitano
  • costi relativi a competenze insufficienti rispetto ai ruoli rivestiti. L’adeguata formazione del personale può evitare lunghi giri inutili per ottenere risultati facilmente raggiungibili con le adeguate conoscenze

Una riflessione finale che tenta di superare l’idea di una complessità intesa come “rischio”.

Dietro ad ogni rischio si cela una opportunità; sicuramente i questionari BDS di AICIM sono un prezioso ausilio per intercettare inefficienze e lacune dell’organizzazione suggerendo le priorità da affrontare per gestire le variabili della complessità riducendone i costi relativi

La complessità è una misura presente in ogni sistema, può supportare l’evoluzione gestionale per affrontare le sfide del periodo economico. La complessità è comunque misurabile, si può inquadrare un limite oltre il quale un sistema gestionale aziendale diventa eccessivamente complesso e quindi inefficace ed inefficiente. Qui risiedono i “costi della complessità”.

Appare estremamente utile adottare parametri di analisi organizzativa che inquadrino la complessità individuando il confine della “complessità utile” alla strategia aziendale per guidare l’azienda nell’ambito dei mercati sempre più imprevedibili. E senza costi impropri.

Autori: Domenico Tolomeo, Roberta Corsi, Florindo Carniato