Introduzione

Con questa prima iniziativa del 2025, il Team HR di AICIM si pone l’obiettivo di favorire la comprensione (e diffusione) di un approccio costruttivo alla funzione “Risorse Umane”, iniziato nel 2022 (https://www.aicim.it/2022/11/16/linvestimento-nelle-persone-nelle-pmi/), osservando e analizzando quanto realmente accade nella variegata e spesso poco strutturata organizzazione delle piccole e medie imprese (PMI) nelle specifico ambito. Ogni azienda infatti, indipendentemente dalle dimensioni e dal settore di mercato e operatività, funziona perché ci sono persone che svolgono funzioni. L’uso di sistemi informatici, dell’industrializzazione moderna, di macchinari e persino dell’intelligenza artificiale non consente di poter fare a meno del “fattore umano”. Nonostante questo, però, le funzioni organizzative chiamate a occuparsene sono spesso relegate allo svolgimento di attività amministrativo-contrattuali, poco orientate allo sviluppo e al potenziamento delle capacità e delle abilità, operative e prestazionali.

Questa situazione appare maggiormente diffusa nelle aziende di dimensioni contenute, quelle individuabili con l’acronimo PMI, ed è un fatto soprattutto legato al reale potere di investimento di un’azienda, anche se lo sviluppo di una funzione di “Gestione del Personale”, con target e indicatori orientati alle prestazioni e ai risultati aziendali, è esattamente come le altre funzioni. Ovviamente non si tratta di una generalizzazione ed esistono situazioni reali diverse ma ciò non toglie il merito, a chi già funziona bene, di rappresentare un buon esempio da condividere con maggiore capillarità. La situazione di seguito descritta è infatti il frutto delle esperienze che – negli anni – hanno caratterizzato i membri del team a contatto con le diverse realtà operative di settori (anche molto distanti tra loro) accomunati dalle oggettive difficoltà nell’applicare modalità che coinvolgano (e valorizzino pienamente) le persone dell’azienda o, più semplicemente, rivedano e aggiornino quanto (in passato) funzionava bene.

Riteniamo pertanto utile, innanzitutto, essere pragmatici nel descrivere situazioni (oggettive) di malfunzionamento, che facciano emergere la curiosità, la consapevolezza e (ci auguriamo) il desiderio di cominciare a essere più moderni e competitivi anche nella gestione delle cosiddette Risorse Umane (abbreviate con l’anglosassone HR). E non parleremo di strutture organizzative, se non in termini di esempio, perché la realtà delle PMI, diversamente dalle grande aziende, non sempre consente di ‘dotarsi’ di specialisti del settore sotto ogni aspetto auspicabile. Anche per questo, nel titolo, si parla di “partner” – (forse) provocatoriamente – dovendo spesso avvalersi di esperti e/o agenzie esterne all’azienda, in modo non continuativo ed esclusivo. E risulta evidente la necessità che le professionalità coinvolte siano a favore delle persone supportate dalla funzione HR non solo e unicamente per quanto fatto fino a oggi. Iniziamo a pensare al domani!

 

La funzione HR oggi (esperienze sul campo)

In modo diretto desideriamo evidenziare, in particolare, alcune situazioni – diffuse – che caratterizzano la funzione HR, laddove presente (non è rara, infatti, la totale assenza di persone dedicate al settore). Ed è ancora abbastanza comune abbinare al delicato ambito mansioni quali la gestione degli stipendi, i contratti, le relazioni sindacali e pratiche burocratico-amministrative afferenti alla gestione di assunzioni, licenziamenti, dimissioni… sicuramente imprescindibili ma non esclusive. In genere, infatti, di tali mansioni si occupa una sola persona (magari due) con competenze spiccatamente amministrative. Una realtà conosciuta ma ben lontana dal concetto di “Risorse Umane” nella sua accezione più ampia, legata ad aspetti di natura umanistica, sociale, nonché comunicazione, formazione e coaching.

Più in profondità, riteniamo utile sottolineare che la persona dedicata alla gestione delle risorse umane non ha competenze nemmeno per quanto riguarda il processo/prodotto aziendale ed è la stessa proprietà a ritenere che non debba averle. Inoltre si occupa di reportistica solo per quanto riguarda l’eventuale assenteismo, i dati sanitari e altri aspetti correlati. Fino ad arrivare alla contraddizione in aziende dove è presente la funzione “Qualità” ed è quest’ultima a occuparsi dei piani formativi, senza confronto né integrazioni con chi si occupa di risorse umane. Risulta pertanto difficile (ma ci auguriamo ancora possibile) partire da una situazione tanto diffusa quanto lontana dai presupposti base di chi – soprattutto nelle aziende di maggiori dimensioni (ma non solo!) – è riuscito a ottimizzare le risorse in campo dedicando attenzione agli aspetti indicati di seguito.

A nostro parere, infatti, dovrebbe innanzitutto studiare  gli aspetti che rendano maggiormente attraente l’azienda per i candidati e i migliori talenti disponibili sul mercato del lavoro. Pertanto, risulta subito evidente (e imprescindibile) la conoscenza dell’azienda, del prodotto e dei processi che le appartengono. Conseguentemente (non dimentichiamo gli aspetti amministrativi), come in una società sportiva, l’ingaggio dovrà essere commisurato a prestazioni e risultati. E guardando ancor più avanti, rimanendo comunque focalizzati sulle PMI, la funzione HR dovrebbe anche garantire lo sviluppo delle persone che lavorano nell’azienda, con percorsi che ne valorizzino le capacità individuali e ne rafforzino motivazione e fidelizzazione (sulle quali torneremo).

Innegabile, d’altro canto, l’errore di molti nello ‘scimmiottare’ le aziende di maggiori dimensioni, dove tra l’altro la funzione HR dispone di numeri e di competenze specialistiche che non sono immaginabili – oggi – in una PMI. Per esempio si adottano ‘strategie’ (che non sarebbe corretto definire tali) tese all’assunzione di neolaureati, con alti punteggi accademici, per poi impiegarli in mansioni castranti, a costi bassi, spesso con contratti di apprendistato ‘perenni’, nessuno stimolo di crescita, ecc.. Diversamente, a nostro parere, la PMI sarebbe il luogo ideale in cui assumere personale esperto, anche se un po’ più costoso, dove costruire percorsi che consentano ai giovani di poter conseguire traguardi realisticamente raggiungibili, in ottica di contratti di maggiore stabilità e durata. Invece, purtroppo, non è così.

Oggi la funzione HR (quando c’è, lo ripetiamo) è composta da persone che non evidenziano alcuno stimolo nel catalizzare i processi di accrescimento valoriale dell’azienda, al fine di favorirne il core business. Anche le poche persone che ne fanno parte non sono infatti esenti dalla demotivazione legata, per esempio, a distribuzione di buoni pasto o inserimento delle candidature sui social più comuni. Sarà quindi nostra cura proporre delle soluzioni, concretamente realizzabili e gradualmente applicabili, che non vanno viste come ‘modello dogmatico’ ma come processo di miglioramento in grado di fornire, agli imprenditori innanzitutto, quel patrimonio di conoscenze/possibilità che una moderna funzione HR è in grado di sviluppare, nel tempo e con la dimensione organizzativa più adatta alla specifiche esigenze aziendali.

 

Gli ambiti applicativi

Prima di articolare il dispositivo HR o di esternalizzarne la funzione (seppur in parte), come vedremo in successivi approfondimenti sul tema, focalizziamo l’attenzione sulle possibilità di farla diventare “partner dell’azienda”. È infatti strategico condividere aspetti che, spesso, vengono sottovalutati a livello di PMI, già sapendo che potremmo addirittura non essere esaustivi nella descrizione delle principali caratteristiche a favore/sostegno delle persone che contribuiscono al risultato complessivo. Conseguentemente sorvoleremo su quanto già viene svolto da chi si occupa di Risorse Umane per quanto riguarda le buste paghe, i contratti, gli aspetti legali e la gestione amministrativa più un generale. Scontate, peraltro, anche le attività previste per legge, dalla sicurezza sul lavoro ai controlli di natura sanitaria, dai corsi di aggiornamento professionale alle certificazioni obbligatorie. Ciò che riteniamo invece indispensabile, specificamente, è concentrarci sugli aspetti che hanno portato a situazioni come quelle descritte nel precedente paragrafo.

L’apprendimento innanzitutto, nella sua accezione più ampia, rimanda a quanto necessario per contribuire al risultato aziendale, nello specifico del compito assegnato, riferendosi in genere alle cosiddette “Hard Skill” e solo in rarissimi casi alle “Soft Skill” (descritte in https://www.aicim.it/2023/08/22/dalla-job-description-allassessment-le-persone-al-centro/). È la base di partenza: non è sufficiente un titolo di studio, anche se conseguito con punteggio elevato, per poter assolvere il proprio compito con competenza (capacità/abilità ed esperienze). Al pari della motivazione, può diventare un fattore di potenza determinante per la singola persona e, successivamente, per il team di cui fa parte e per l’azienda nel suo complesso. Favorire l’apprendimento è la ‘chiave per aprire le porte chiuse’ da consuetudini, ignoranza, paura e sfiducia (al riguardo, un approfondimento in https://www.aicim.it/2023/10/02/la-formazione-ad-personam/).

L’ascolto e il feedback, spesso oggetto di conversazione ma poco conosciuti nell’applicazione pratica, dovrebbe invece essere patrimonio comportamentale di Imprenditori, Capi e Responsabili HR. Non si tratta solamente di “sensibilità umana”: sicuramente più facile per chi è predisposto all’ascolto e alla restituzione (del feedback), ha la necessità di apprendimento sul campo, focalizzandone l’utilizzo nel settore di interesse aziendale. Richiede una specifica competenza (ovviamente) ma anche applicazione metodologica; non si tratta, infatti, di cogliere il malumore generico o un’aggressiva rimostranza: è il sistematico utilizzo di strumenti e di capacità (tra le quali l’empatia) per poter differenziare tra una situazione personale e un ‘problema organizzativo’. Inoltre, una volta avviato con convinzione, tale sistema permette di conferire con le persone in modo programmato/programmabile e addirittura richiesto dalle stesse, se ritenuto utile/funzionale.

 

La comunicazione interna e le relazioni aziendali dovrebbero essere il ‘centro’ delle attività svolte da chi si occupa di Risorse Umane, allo stesso modo di un allenatore di una squadra sportiva. Più risulteranno essere trasparenti, nonché credibili ed efficaci, più l’ambiente ne guadagnerà in termini di predisposizione lavorativa ed espressione delle potenzialità possedute. Tra l’altro appare ovvio che il responsabile HR debba conoscere l’azienda e il prodotto nella sua completezza, non solo da un punto di vista amministrativo, legale e contrattuale (ci ripetiamo). Tale rete comunicativo-relazionale è anche lo strumento per veicolare le informazioni, in modo formale e informale (a seconda dei casi), tra l’imprenditore e la base (e viceversa), lungo tutte le direzioni. La circolarità di tale modalità lavorativa favorirà (anche) ascolto e feedback, nonché l’apprendimento e la motivazione.

L’osservazione e la valutazione dei potenziali, individuali e di team, dovrebbe far parte della ‘cassetta degli attrezzi’ di un HR competente nella sua materia. Sappiamo bene che questa è una delle maggiori difficoltà che si incontra nel confrontarsi con un’azienda ma non possiamo esimerci dal sottolineare che è un valore al quale tendere, gradualmente ma senza soluzione di continuità, per poter garantire (tra l’altro) l’assunzione di persone all’altezza dei compiti richiesti, in modo quantomeno adeguato, sulla base di una job description ‘calibrata’ (incarico svolto o da svolgere). Attività indispensabile anche quando la ricerca, l’individuazione e la scelta delle persone (ritenute più adatte) è affidata a terzi. Affidarsi ‘alla cieca’, in modo generico, può risultare improduttivo per l’azienda e demotivante per il candidato sia nel caso di mansioni inferiori alle aspettative ma anche in caso di ‘asticella troppo alta’, soprattutto se non accompagnata da un adeguato compenso e relativi benefit. Sorvoliamo, d’altro canto, sull’impossibilità di individuare talenti in tali condizioni.

Infine la valorizzazione e lo sviluppo delle persone, praticamente sconosciuti a tutt’oggi (tranne rari casi), rappresentano l’apice della scala delle priorità di un responsabile HR di alto livello. È la “Serie A” di chi mira a diventare un’eccellenza nel settore. Chi dovesse acquisire tali competenze diventerebbe la persona più ricercata e contesa in ambito aziendale. Richiede un’attenzione che, partendo dall’assunzione (‘ingaggio’), fornisce alla persona, nonché al team e all’azienda, strumenti di crescita personale e professionale tali da poter aspirare a compiti più complessi, incarichi di maggior rilievo, compensi sempre più appetibili, insieme alle responsabilità e ai rischi che ne conseguono (valutazioni che una persona potrà fare serenamente, perché valorizzata). Naturalmente saper mantenere nell’azienda tali professionalità rappresenterà una nuova sfida, che a nostro parere vale la pena affrontare.

 

Pronti per l’azione?

Al fine di rendere realmente strategica la partnership, tra l’azienda e la funzione HR nelle PMI, il percorso è lungo, complesso e non privo di ostacoli (culturali, innanzitutto). Sono pertanto indispensabili, da parte di tutte le persone coinvolte (imprenditori, aspiranti HR, consulenti…), consapevolezza e gradualità. La consapevolezza riguarda la situazione nel momento in cui si vuole iniziare il cambiamento organizzativo; la gradualità è fondamentale per evitare che “tutto e subito”, magari imposto dall’alto, non solo risulti inefficace ma addirittura controproducente per il conseguimento dell’obiettivo. Ed è quindi necessario partire dalle reali dimensioni e dal contesto dell’azienda, dall’osservazione e dall’ascolto di tutte le persone coinvolte nel processo innovativo, analizzando con scrupolosità le principali aree di possibile intervento HR nella gestione del capitale umano dell’azienda.

Nel prosieguo delle attività del Team HR di AICIM, nel corso dei prossimi mesi, verranno valutate soluzioni utili ad affrontare con rigore metodologico le differenti realtà di una piccola/media impresa, conoscendone le caratteristiche organizzative e le motivazioni alla base del cambiamento. Conseguentemente riteniamo che la lettura di questo articolo rappresenti solo l’inizio di un percorso per chi aveva le idee poco chiare o confuse, nella consapevolezza di non essere stati esaustivi nella descrizione degli ambiti che, con gradualità, potranno essere specificatamente approfonditi quando ne verrà richiesta l’applicazione. Ci preme però sottolineare, nel concludere questa fase, che partire (o ri-partire) dalle persone può fare la differenza. E insieme sarà più facile individuare i vantaggi, anche economici, di un processo di innovazione che esalta i valori aziendali, favorendone la diffusione capillare e lo spirito di emulazione.

 

Autori: Domenico Roma, Ruggero Romano