A cura di Ruggero Romano

Nella prima parte di questo articolo abbiamo analizzato perché le aziende faticano a costruire e mantenere un capitale umano di valore. Abbiamo visto come il concetto di “Valore” sia spesso frainteso e come molte offerte di lavoro risultino poco attrattive per i lavoratori di oggi.

Ma cosa possono fare concretamente le aziende per invertire questa tendenza?

In questa seconda parte esploreremo le strategie e le soluzioni che possono rendere il lavoro più dignitoso e motivante, migliorando al contempo la competitività aziendale.

Cosa l’azienda dovrebbe sapere

Manca quindi, da parte delle aziende, la capacità di comprendere il valore del personale aldilà del semplice costo economico.

Non è solo una colpa delle imprese: c’è una fortissima responsabilità anche dello Stato e delle istituzioni che non riescono a fornire strumenti di support economico realmente efficaci (come il credito di imposta) verso le imprese che adottano politiche di riconoscimento del Valore del personale.

Gli addetti ai lavori del settore HR sono mentalmente e strategicamente arretrati rispetto alla valutazione dei fabbisogni degli aspiranti lavoratori.

Le proposte sono basate su elementi non percepiti come soddisfacenti o inadeguati.

Quanto costa la vita ad un lavoratore dipendente?

Quanto spende in casa. Bollette, spesa , vestiario e divertimento un lavoratore dipendente?

Ci sono aziende che fanno questo tipo di indagine? NO.

Inoltre l’altro errore fatale che le imprese commettono è considerare il lavoratore un costo e non un investimento.

Quanto Valore economico produce un lavoratore?

Negli anni 70 e 80 la valutazione di un’azienda era basata su un parametro banale e probabilmente non propriamente adeguato dato dal rapporto fra fatturato e numero di dipendenti: si trattava di un coefficiente che serviva anche a ipotizzare un certo grado di complessità dell’azienda.

Oggi tale parametro sarebbe assurdo per una valutazione di efficienza aziendale ,ma potrebbe risultare utile per capire il Valore investito nel personale, almeno a livello macro.

Se un azienda metalmeccanica di 30 dipendenti fa un fatturato annuo di circa 3 milioni di fatturato con una redditività del 10%, il dato “sporco” è che ogni dipendente produce circa 100000 euro di fatturato .

Attenzione non voglio banalizzare: è ovvio che al conseguimento del fatturato compartecipano anche costi e veri propri come quelli delle infrastruttura e, dei macchinari, delle materie prime ed energia… ma, magari con un’analisi un po’ più sofisticata, posso rendermi conto di quanto l’investimento nel personale è redditizio o meno.

Posso cioè avere un parametro di “valorizzazione del Valore” della risorsa umana.

Considerati quindi i soli costi fissi (dimenticandoci dei costi variabili, degli ammortamenti etc…) potrei avere una valutazione della redditività dei costi del personale e quindi valutare se le mie politiche salariali, di welfare e di crescita e formazione dei dipendenti possano essere potenziate come attrattività dell’offerta.

È un modo laterale e nuovo di vedere le risorse umane.

Si tratta di valutarle come potenzialità di investimento e non costo; se si pensa alla risorsa umana come investimento è più semplice progettarne l’acquisizione in funzione di un progetto di crescita e di sviluppo. Facendo una simulazione estremamente grossolana, ma solo allo scopo di dare l’idea del concetto, se valuto una risorsa umana in termine di investimento sull’aumento di fatturato e di redditività posso pensare ad una legge di proporzionalità (non assoluta e rigorosa) per cui una nuova risorsa comporta un aumento delle capacità produttive e quindi diventa un elemento di redditività, esattamente come se volessi aumentare i volumi di produzione acquisendo ulteriori macchinari in numero maggiore e più performanti .

Ma attenti a non tornare al parallelismo dipendente = macchina.

Cosa dovrebbe fare l’azienda: l’HR marketing

Il collaboratore e dipendente per essere redditizio e produttivo ha bisogno di motivazione, passione, senso di appartenenza all’azienda.

Deve sentirsi apprezzato e riconosciuto per quello che fa, ma in modo concreto e non possono bastare le pacche aziendali o l’invito alla cena sociale a Natale!

Quando un’azienda assume una risorsa cerca fondamentalmente una persona che risolva problemi: l’aspetto perdente dell’approccio aziendale è quantificare la remunerazione della persona sulla base del tempo che dedica all’azienda.

Sbagliato.

Dovrei valutare la remunerazione sulla base dell’investimento e dei ritorni economici che quella risorsa può produrre sia come singola, sia come integrata in una funzione aziendale.

Ma come mantenere e motivare il collaboratore?

Spesso gli esperti HR dicono, più con l’intento di compiacere la direzione aziendale che per reale convincimento, che i soldi non sono un fattore sufficientemente motivante.

In realtà non è sbagliato, ma non è nemmeno così vero.

Il dipendente cerca nell’azienda un partner he gli risolva una serie di problemi ed il denaro è uno dei modi… ma ce ne sono altri.

Il vero valore assoluto che è diventato moneta di scambio, dopo il Covid, è il tempo.

Il tempo serve per risolvere problemi sempre più assillanti per un dipendente:

• fare visite mediche

• andare al colloquio scolastico dei figli

• fare vacanze o vedersi con gli amici

• assistere un genitore anziano

• fare la spesa

• studiare

• coltivare una passione

• andare in palestra o fare sport

• gestire l’automobile per tagliandi, riparazioni etc…

• dormire

• ….

L’azienda invece di darti tempo, lo compra. Offre soldi al dipendente in funzione di una retribuzione commisurata al mercato, ma non lo aiuta a risolvere problemi. Quindi un’azienda, anche piccola, deve comprendere i bisogni dei suoi dipendenti e cercare di soddisfarne le esigenze, perché solo così diventerà attraente per le migliori risorse umane sul mercato del lavoro.

Occorre quindi impostare la funzione HR in modo che attuai un marketing di acquisto del personale e non si limiti a condividere offerte di lavoro che sono terribilmente vaghe, vacue e dimostrano una scarsa propensione e disponibilità dell’azienda alla concretezza.

Basta leggere qualche annuncio per capire che spesso le aziende cercano fattori concreti e ben definiti (titolo di studio, esperienza, conoscenza della lingua, propensione e disponibilità a viaggiare o al lavorare per turni)… ma in cambio non offrono NULLA di concreto e tangibile.

Provate a leggere le “traduzioni” come messaggio percepibile delle frasi tipiche di tanti annunci di lavoro come sotto

• Contratto a tempo determinato (o apprendistato…) = scarsa propensione al rischio da parte dell’impresa e tendenza ad acquisire un vantaggio contrattuale e fiscale

• Retribuzione commisurata alle caratteristiche del candidato … = “vediamo cosa offrirti caro candidato …ma per adesso non vogliamo esporci dando una indicazione della RAL”

• Si offre computer e telefono aziendale = …sono strumenti di lavoro, non sono benefit o gadgets personali: è come se ad un operaio di una falegnameria venissero offerto chiodi, martello, pialla e carta vetrata!

C’è una evidente disparità di propensione all’impegno (ed al rischio) fra azienda e aspirante al posto di lavoro.

E ciò è demotivante fin dal primo giorno.

Il marketing HR, funzione aziendale che oggi NON ESISTE, dovrebbe occuparsi di identificare quali sono i bisogni ed i problemi sociali che l’azienda potrebbe aiutare a risolvere per i suoi dipendenti.

Non sono solo bisogni economici  ma, come detto, esigenze di tempo.

I giovani che si presentano a colloqui di lavoro oggi hanno bisogno di informazioni chiare su orari, disponibilità richiesta, ferie, possibilità di lavorare da casa, giorni di permesso e, anche, soldi.

Ma la questione economica potrebbe essere risolta in modo relativamente facile ed anche economicamente vantaggioso per l’azienda se venissero proposti servizi e benefit più vicini ai fabbisogni del dipendente:

• orari flessibili (per tutto il personale)

• buoni spesa, buoni carburante o colonnine di ricarica per le auto elettriche o ibride

• convenzioni con istituti scolastici o della prima infanzia

• convenzioni con RSA o istituzioni mediche per il supporto agli anziani

• supporto con istituti di credito per la concessione di mutui acquisto casa

• welfare a livello medico e dentistico

• formazione

È di fondamentale importanza chiedere ai dipendenti cosa vorrebbero dall’azienda per poter strutturare un’offerta per la quale l’azienda sia in grado di dare un contenuto di Valore percepito, esattamente come se si trattasse di una trattativa commerciale. L’obiettivo immediato è quello di accedere a risorse qualificate e competenti, ma anche dotate delle softskill più adeguate alle esigenze aziendali ma, nello stesso tempo, porre le basi per una fidelizzazione del collaboratore nel tempo.

Sostituire un collaboratore costa tempo, soldi e comporta anche formazione ed il raggiungimento di una operatività autonoma di una nuova risorsa comporta tempi in cui, di fatto, la persona ha un livello di produttività e redditività piuttosto basso.

Il mantenimento delle risorse in azienda, oltre a garantire il know how aziendale, crea le basi per una continuità di business e di rapporti, anche dall’esterno, con le stesse persone il che, verso il mercato, è un elemento di rassicurazione e di branding efficace.

La funzione HR deve partire da valutare la Dignità del lavoratore attraverso una corretta impostazione degli aspetti retributivi, di impegno e di crescita formativa e di carriera.

Lo deve fare in modo trasparente e diretto, acquisendo informazioni sui costi che il dipendente può sostenere e comprendendo in cosa l’azienda può essere non solo una fonte di reddito, ma anche un partner di vita.

Il lavoratore deve sentirsi gratificato nella sua persona con la convinzione che non sta lavorando dietro il ricatto economico dello stipendio e senza alcuna possibilità di vedere realizzati i suoi sogni.

Deve potersi sentire orgoglioso con la propria famiglia e gli amici, di lavorare in QUELLA azienda.

Deve poter avere la serenità e sicurezza di una retribuzione certa e trasparente e sufficiente a condurre la propria esistenza non solo con continue rinunce e sacrifici, ma anche con la consapevolezza di poter avere un tenore di vita dignitoso.

Deve essere consapevole che la sua azienda è grata a lui per quello che fa e non lo vincola solo con il ricatto di migliori performance e prestazioni sempre più elevate, al limite dell’impossibile, per il raggiungimento di posizioni più elevate e di maggior prestigio.

Deve sapere di poter contare sull’appoggio dell’azienda nel momento di reale difficoltà della su avita e del suo rapporto professionale in modo da essere a sua volta grato all’azienda e creare quindi quel senso di responsabilità ed appartenenza che si evolve in fedeltà… spesso.

La funzione HR deve avere anche la capacità di rendere un Valore apprezzato e percepito l’essere in azienda.

Se un corso di lingua inglese svolto in azienda fosse accompagnato da una convenzione o sconto con una agenzia di viaggio per fare una breve vacanza all’estero per testare “sul campo” la nuova competenza acquisita al termine dell’attività formativa, l’attività stessa sarebbe focalizzata ad un obiettivo di autonomia linguistica che il dipendente sfrutterebbe anche per il proprio divertimento (e non solo per lavoro).

Per citare un esempio di errore macroscopico e veramente marchiano posso riportare quello di una grossa multinazionale del settore automotive. L’azienda che chiameremo con un nome fittizio di “Batterie e Fari s.p.a.” (semplicemente BF) aveva diversi tecnici che viaggiavano spesso per trasferte in Paesi lontani dalla sede. I viaggi ed i biglietti aerei erano intestati alle singole persone che quindi accumulavano punti dalle compagnie aeree per sconti o viaggi gratuiti. La direzione, per risparmiare sui costi di viaggio chiese alle compagnie aeree utilizzate di versare le “miglia” accumulate come bonus su una carta intestata alla società in modo da poter utilizzarle per viaggi di lavoro per i dirigenti. Ovviamente ciò provocò una reazione violentissima: le persone a cui venne chiesto di devolvere questi punti su una carta aziendale della BF si opposero e addirittura distrussero la carta stessa decidendo di non avvalersi loro stessi del bonus acquisito pur di non cederlo a favore dell’azienda.

È evidente che azioni di questo genere possono sì portare ad un risparmio sulle casse dell’azienda, ma determinano una situazione di forte conflittualità e di abbandono da parte del personale.

Conclusioni

È necessario quindi anteporre un po’ le esigenze del dipendente al conto economico.

Facile da fare? Assolutamente no!

Ma necessario, indispensabile.

Il Valore di una impresa è dato dalle persone, Valore che attualmente è definito “Valore intangibile”; le recenti policy ESG e di Sostenibilità stanno cercando di promuovere una quantificazione di questo Valore intangibile, in qualcosa di sostanziale e concreto. Lo scopo però non sembra essere onesto e aperto come dovrebbe essere: si sta considerando una valutazione economica e non di Dignità della persona.

È invece la Persona e la sua Dignità che devono essere tutelate e salvaguardate , svincolando il valore economico da quello di contributo essenziale alla vita e alla crescita dell’azienda.

Un’azienda è forte se lo sono le persone che ci lavorano.

Un’azienda vive solo per le persone che ne fanno parte.