Strumenti contrattuali e gestione del rischio
Passaggio generazionale
Nel nostro ordinamento esistono diversi strumenti e istituti con i quali è possibile agevolare il passaggio generazionale delle imprese di famiglia.
L’attuazione in concreto del passaggio generazionale, come già evidenziato, richiede spesso delle attività preliminari di riorganizzazione dell’impresa, anche attraverso operazioni straordinarie, soprattutto per quelle realtà imprenditoriali più complesse, operanti in più settori di attività.
Si tratta comunque di un passaggio delicato perché presenta alcune problematiche, fra cui la scelta del successore o dei successori che dovranno continuare l’attività aziendale, il trasferimento dell’intestazione dei rapporti giuridici e relazionali con clienti, fornitori, banche, finanziatori e lavoratori, il rispetto delle norme sulla successione ereditaria per prevenire l’insorgere di liti tra gli eredi, mantenere la necessaria integrità dell’attività aziendale, evitare che gli eredi possano disporre individualmente dei propri diritti patrimoniali ponendoli a rischio per vicende economiche personali, ovvero che i beni vengano aggrediti dai loro creditori.
Alcuni strumenti giuridici, come vedremo di seguito, aiutano a superare tali criticità, ma è bene anticipare sin d’ora il passaggio generazionale richiede spesso delle operazioni economico-giuridiche articolate e che non esiste la soluzione “migliore” in assoluto, ma quella più idonea alle caratteristiche del contesto e delle esigenze specifiche delle persone e dell’impresa.
La donazione d’azienda e il patto di famiglia
Se prendiamo in considerazione le imprese individuali o comunque quelle meno complesse, uno degli strumenti impiegati per agevolare l’avvicendamento nella gestione dell’impresa è la donazione d’azienda o delle quote di partecipazione.
Considerato che l’azienda può comprendere l’avviamento, le attrezzature, le merci e tutti i beni mobili, immobili, materiali e immateriali, l’imprenditore può far confluire la propria azienda nella società già esistente o di nuova costituzione, gestita dai propri figli, in cambio di quote di partecipazione a quest’ultima società, e, successivamente, donare ai figli le partecipazioni ricevute.
In alternativa, l’imprenditore potrebbe decidere di donare l’azienda ai figli come persone fisiche, i quali poi provvederanno a conferire nella società l’azienda ricevuta.
La donazione d’azienda però dovrà comunque tener conto delle norme previste in tema di successione ereditaria, soprattutto quando il passaggio generazionale non coinvolge tutti gli eredi, per evitare che la donazione possa ledere le legittime spettanze degli altri eredi.
Per superare tali criticità, una delle soluzioni è rappresentata dal patto di famiglia, a cui devono prendere parte tutti gli eredi dell’imprenditore.
Con il patto di famiglia l’imprenditore trasferisce l’azienda e/o le proprie quote societarie ad uno o più discendenti e questi ultimi devono liquidare gli altri eredi, se questi non vi rinuncino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote di eredità che gli spetterebbero per legge (quote di legittima).
Anche il patto di famiglia però presenta delle criticità da tenere in considerazione, fra cui la necessità di regolare i rapporti con eventuali nuovi eredi (p.es. nuovo coniuge o nuovi figli) e la protezione del patrimonio contro interventi di terzi creditori del disponente o dei beneficiari.
Il trust
Una delle alternative alla donazione d’azienda è rappresentata dal trust, un istituto di origine anglosassone riconosciuto nel nostro Ordinamento, nato in origine per tutelare soggetti deboli o per finalità filantropiche, che ha trovato con il tempo una sua collocazione anche nell’ambito del passaggio generazionale, grazie alla sua versatilità e flessibilità.
Infatti, con il trust l’imprenditore può trasferire, in tutto o in parte, i beni aziendali e/o le quote di partecipazione societaria, ad una persona, verosimilmente il successore, che assume il ruolo di trustee, con il compito di destinare i beni trasferiti a specifici scopi e/o amministrarli a favore di altri soggetti (c.d. beneficiari), individuati nel momento istitutivo ovvero successivamente, a cui i beni saranno attribuiti definitivamente alla cessazione del trust.
Inoltre, nel trust possono confluire anche gli asset digitali e immateriali, quali ad esempio, banche dati digitali, software proprietario, data base di siti web o di spazi di archiviazione in-cloud, account e-mail e social e strumenti di pagamento digitali (p.es. cripto valute), permettendo così una idonea pianificazione patrimoniale, anche in fase successoria, che difficilmente potrebbe realizzarsi con altri strumenti, in quanto tali beni, sebbene ampiamenti diffusi, non hanno ancora trovato ovunque una disciplina esaustiva che ne regoli la gestione, la trasmissione e la proprietà.
Il trasferimento in favore del trustee però realizza una sorta di proprietà solo formale, in quanto i beni o i diritti ricevuti dal disponente non si confondono con le proprietà personali del trustee, ma restano vincolati al perseguimento degli scopi prefissati dall’imprenditore disponente del trust.
Il trust permette, quindi, di conservare e segregare il patrimonio ad un determinato scopo così da preservarlo dagli attacchi che possono scaturire dalle conseguenze dell’attività imprenditoriale, o dai creditori personali del trustee o dei beneficiari.
Si aggiunga che nel trust si può anche prevedere un meccanismo che consenta all’imprenditore di intervenire nell’ipotesi in cui la scelta non si sia rivelata corretta, oppure prevedere un “guardiano” che sovrintenda all’attività del successore trustee.
Sebbene rimanga uno strumento flessibile, anche il trust presenta delle criticità e prime fra tutte la necessità di rispettare la disciplina della successione ereditaria e la normativa fiscale.
La holding familiare
Per i gruppi societari o per strutture più complesse, una delle soluzioni spesso utilizzata per agevolare il passaggio generazionale è quella di costituire una o più holding familiari.
L’utilizzo di una holding presenta il vantaggio di poter regolare il controllo e la gestione societaria attraverso una governance unitaria per l’intero gruppo, con la previsione a livello centrale della holding di clausole statutarie e parasociali per regolare i poteri decisionali e patrimoniali dei soci e le regole della loro partecipazione.
Inoltre, la holding permette la gestione centralizzata delle operazioni relative al capitale che invece, in presenza di più eredi, sarebbe “spezzettata”, facilitando in tal modo il dialogo con le controparti.
Anche in questo caso, l’assegnazione delle quote della holding agli eredi, se effettuata con testamento o con donazione, dovrà rispettare la disciplina della successione al fine di prevenire la lesione dei diritti degli eredi e l’insorgere di contenziosi.
Rapporti di lavoro, clienti e fornitori, garanzie e finanziamenti
Un aspetto da tenere in considerazione per il passaggio generazionale è sicuramente il rapporto con i lavoratori, i clienti, i fornitori, le banche e tutti gli altri stakeholder.
In generale, si ritiene necessario predisporre un piano di comunicazione verso tali soggetti, affinché sia “introdotto” il successore e sia facilitata la costruzione di un rapporto fiduciario.
Va poi evidenziato che con il trasferimento d’azienda consegue anche il trasferimento della titolarità dei rapporti di lavoro e dei contratti in essere con clienti e fornitori, sebbene questi ultimi possono recedere dai contratti entro tre mesi dalla notizia del trasferimento d’azienda, se vi è una giusta causa.
Inoltre, l’imprenditore che cede l’impresa deve sapere che rimane obbligato in solido con il successore per i debiti nei confronti dei lavoratori e dei creditori dell’impresa maturati prima del trasferimento.
Si aggiunga che il successore non subentra automaticamente nei rapporti contrattuali a carattere personale stipulati dal cedente, fra cui le garanzie personali spesso richieste dalle banche e dagli istituti finanziari, con i quali sarà necessario interloquire specificatamente.
Internazionalizzazione
L’internazionalizzazione oggi rappresenta un’ottima opportunità per mantenere una posizione competitiva sugli attuali mercati sempre più connessi e globalizzati.
Affacciarsi sui mercati esteri però comporta anche un’attenta valutazione, non solo dell’assetto organizzativo interno che si vuole adottare, ma anche delle relazioni verso i partner commerciali, italiani e stranieri.
Soprattutto per le piccole e medie imprese, uno degli strumenti più idonei per l’internazionalizzazione è rappresentato dal contratto di rete, con il quale duo o più imprese si aggregano per sviluppare un comune progetto di innovazione e internazionalizzazione, pur mantenendo la propria individualità e peculiarità. Inoltre, la collaborazione con altri imprenditori dello stesso settore, permette non solo di consolidare il proprio ruolo nella filiera, ma anche di conseguire economie di scala e di specializzazione, senza dover sostenere i costi per produrre in proprio le competenze e capacità mancanti.
Nel caso la collaborazione può anche consolidarsi con la creazione di una rete con una propria soggettività giuridica distinta dai singoli partecipanti (c.d. rete soggetto).
Inoltre, la normativa sulle reti d’impresa permette anche di limitare i rischi, in quanto è possibile istituire un fondo comune per soddisfare eventuali pretese dei creditori della rete, senza esporre il patrimonio individuale dei singoli retisti, trovando applicazione le stesse regole previste per il fondo consortile.
Oltre al contratto di rete, anche il trust, visto in precedenza, può costituire un valido strumento per l’internazionalizzazione, proprio grazie alla sua versatilità e alla possibilità di gestire i relativi rischi.
Infine, in tema di gestione del rischio, vale la pena di accennare anche alla possibilità di costituire uno o più patrimoni destinati alle operazioni commerciali legate all’internazionalizzazione, oppure stabilire che un finanziamento per l’internazionalizzazione sia rimborsato con i proventi di tale progetto, senza esporre a rischi il resto del patrimonio aziendale. Va precisato che la disciplina del patrimonio dedicato è dettata per le Spa e generalmente si ritiene che non sia applicabile anche alle Srl, sebbene esistano tesi contrarie. Invece, a seguito della riforma del terzo settore, tale istituto trova applicazione per gli enti del terzo settore dotati di personalità giuridica ed iscritti nel registro delle imprese, fra cui le imprese sociali.
Conclusioni
Le fattispecie analizzate nelle tre parti dell’articolo hanno mostrato come i passaggi chiave legati allo sviluppo mediante l’internazionalizzazione, le aggregazioni e il passaggio generazionale siano indissolubilmente legati alla finanza sotto forma di equity necessaria a supportare la crescita delle strategie e al corretto sviluppo organizzativo. AICIM dedica da ormai un anno a questi temi articoli, webinar e strumenti operativi di diagnosi che potrete trovare sul sito www.aicim.it , per la diffusione della cultura di impresa e manageriale e per garantire percorsi di crescita ponderati e basati su analisi nate da strumenti operativi e guidate da progetti concreti lungo il cammino della crescita.
Continuate a seguirci.
A cura del Tavolo Finanza e Controllo
Coordinatore del Tavolo: Andrea Spensieri
Contributi tecnici: Federico Truscelli, Marco Curti, Alessandro Pistagnesi, Lucia Romagnoli, Michele Vanzi, William Di Cicco