A cura di Michele Sgarbossa

Quando si tratta il tema del make or buy, non si può non pensare ai distretti industriali che costituiscono quel modello organizzativo di collaborazione o scambio commerciale territoriale tipico dell’economia italiana, in cui il concetto del buy trova un’applicazione concreta.

Un sintetico escursus storico consentirà di comprendere come siano sorti e quali siano le ragioni della loro alterna fortuna e delle modificazioni che sono intercorse nel tempo.

Partendo da un dato statistico, possiamo osservare che, negli ultimi vent’anni vi è stata una variazione nella distribuzione del numero di distretti, che hanno visto un aumento a Nord-Est, passato dai 42 ai 45 ed una generale riduzione nel Nord-Ovest, passato dai 39 ai 37, nel Sud (da 18 a 17) e più accentuata al Centro (da 49 a 38).

La maggior parte dei distretti italiani trova origine durante il miracolo economico degli anni Cinquanta e Sessanta, quando l’economia cresceva in maniera importante, per poi conoscere un significativo sviluppo negli anni Settanta e Ottanta, quando entra in crisi l’ordine fordista e il paradigma della grande impresa e, a fronte di un rallentamento dell’economia, i distretti hanno di converso portato sviluppo e benessere in aree allora arretrate, come il Nord-Est e le regioni centrali lungo la costa adriatica, financo al Sud.

Nel loro periodo di massimo sviluppo le grandi imprese scelsero di esternalizzare fasi e segmenti di produzione per recuperare flessibilità e contenere le dimensioni, mentre altre imprese decentrarono interamente o parti significative della produzione in aree a basso costo del lavoro.

Tuttavia, nel corso del tempo si è ridimensionato il vantaggio competitivo delle fasi strettamente produttive, considerato che le imprese distrettuali hanno dovuto fronteggiare un’intensa e aspra concorrenza su scala globale di produttori low cost, in ispecie asiatici, attenuando se non annullando la convenienza agli scambi interdistrettuali ed è cresciuto molto il ruolo della funzione organizzativa-manageriale.

Dagli anni novanta, infatti, sono state le imprese di medie dimensioni, più strutturate sotto il profilo produttivo, manageriale e cognitivo, ad accrescere la loro presenza nei distretti, creando un divario rispetto alle imprese più marginali.

Le imprese più grandi che sono cresciute, si sono focalizzate molto di più sulla trasformazione industriale e sul controllo del processo produttivo, piuttosto che fare ricorso alla produzione affidata a terzi. Ciò ha garantito loro la stratificazione interna di saperi specifici in campo tecnologico, logistico e dei materiali, garantendo nel contempo, attraverso una riduzione della frammentazione della catena di fornitura, un maggior sostegno alla qualità della produzione, anche alla luce del fatto che, nel frattempo, essa è diventata uno dei più importanti fattori per raggiugere il successo.

Nella scelta tra il make or buy la comparazione è passata alla valutazione del fare direttamente (make) non solo ciò che risulta conveniente in termini di costo, ma anche ciò che si rischierebbe di perdere in termini di know-how conoscitivo, decentrando all’esterno (buy). Si è ridotto in tal modo, il ricorso agli acquisti di semilavorati e si sono rafforzati i legami con un nucleo ristretto di fornitori particolarmente specializzati e importanti per l’efficienza e la qualità dell’intero ciclo di produzione, allentando in tal modo la connessione con il territorio.

Questa scelta è stata compiuta da quelle che vengono definite imprese leader, che sono giunte ad accentrare le fasi strategiche del processo produttivo, mentre hanno scelto di decentrare le fasi meramente tecnico-produttive ad altre imprese, non solo legate al distretto cui appartengono, che come abbiamo visto, trovano collocazione nei paesi asiatici.

In tal modo, scomponendo il ciclo produttivo in fasi di lavorazioni e potendo contare sulla specializzazione nell’esecuzione di ciascuna fase produttiva, è stata assicurata una adeguata competitività sui costi, elevati livelli di flessibilità e capacità di innovazione. La specializzazione delle fasi produttive ha permesso il conseguimento di economie di scala e di apprendimento per le imprese di piccole dimensioni, riducendo i costi unitari e favorendo l’aumento della produttività per le imprese di più grandi dimensioni.

In tal modo, il tessuto relazionale che si può creare nei distretti, conferisce alle aziende rilevanti vantaggi competitivi, e la creazione di competenze di carattere tecnologico, cui possono attingere le imprese operanti in ambito distrettuale.

La tutela della riservatezza nel buy

Una delle valutazioni compiute dall’imprenditore nel ricorso all’esternalizzazione della produzione, è legata alla riservatezza e, più in particolare, alla tutela dei cd. diritti di privativa industriale.

Essi possono essere coperti da brevetto, ma spesso e più semplicemente, sono il frutto di conoscenze tecniche, rispetto alle quali l’imprenditore non ha mai ritenuto di ricorrere ad una tutela rafforzata (il cd. know how).

Dobbiamo, infatti, pensare che nelle relazioni tra committente e fornitore, molto spesso circolano nomi, indirizzi, informazioni riservate sul piano tecnico, progetti e disegni, che costituiscono il patrimonio dell’impresa e talvolta il successo di un’impresa.

In tal ambito occorre rammentare che il nostro ordinamento mette a disposizione una serie di strumenti di tutela che trovano collocazione, da un lato, nel Codice della Proprietà Industriale, recentemente aggiornato, dall’altro nel codice civile, andando, ad esempio, a colpire gli atti di concorrenza sleale, tra cui rientrano anche l’imitazione servile di prodotti, etc.

Le conseguenze, in taluni casi, non si fermano al piano civile, ma trovano una propria disciplina e punizione anche in ambito penalistico, garantendo, in tal modo, una tutela rafforzata rispetto a chi pensasse di poter sfruttare illecitamente dei vantaggi, limitandosi al mero risarcimento dei danni.

In taluni casi ed in particolari condizioni è possibile ottenere anche una tutela cautelare, che si estende anche all’informativa a terzi, mediante i mass media, della sussistenza di atti illeciti e illegittimi.

Tuttavia e per rafforzare la tutela dell’impresa rispetto ad azioni illecite e dannose, che possono sorgere in conseguenza della diffusione di informazioni nell’ambito dei rapporti commerciali che vengono intrattenuti con i terzi, è assolutamente consigliabile adottare, in via preliminare, una serie di strumenti e meccanismi che consentano, da un lato di avere la possibilità di dimostrare che sono state fornite a terzi delle informazioni riservate (quando non vi sia quella tutela rafforzata rappresentata, ad esempio dalla sussistenza di un brevetto) e dall’altro, di poter contrattualizzare anche le conseguenze della violazione di quel dovere di riservatezza, che dovrebbe essere proprio dei rapporti commerciali, tra committente e fornitore.

In tali casi, quindi, è preferibile ricorrere a delle scritture private, che vadano a regolamentare l’oggetto della tutela, anche attraverso descrizioni dettagliate delle informazioni trasmesse, i limiti, anche temporali, del loro utilizzo e le conseguenze della violazione, mediante la previsioni di penali e anche attraverso l’individuazione, molto ampia, di soggetti tenuti alla segretezza.

Tutti questi strumenti hanno l’indubbio vantaggio di offrire delle garanzie all’imprenditore che si trovi nella necessità di esternalizzare, attraverso, per l’appunto il ricorso al buy, una parte della propria produzione.

Conclusioni

Abbiamo analizzato nell’articolo un caso concreto di come in Azienda si pongano i razionali della strategia per arrivare ad una decisione di Make or Buy. Basandosi su strumenti di controllo e pianificazione strategica che consentano a priori di stabilire quale sia la via più conveniente e riducendo così i rischi sulla marginalità vitale per l’Azienda.

Abbiamo approfondito il caso delle scelte legate all’internazionalizzazione, e di come le scelte di sviluppo e gli investimenti si leghino in modo biunivoco con l’accesso a nuovi mercati e alla profittabilità che questi nuovi mercati portano come linfa vitale all’intero sistema-Paese.

Abbiamo poi approfondito gli aspetti, delicatissimi, legati alle azioni razionali di convenienza economica ed alle economie di scala che producono i distretti industriali, senza trascurare il delicato tema della riservatezza nelle relazioni industriali che da essa derivano.

Chiudiamo l’anno 2022, caratterizzato nel momento in cui scriviamo dalle difficoltà che ci hanno portato da una pandemìa (più controllata ma ancora in corso), agli scenari di guerra nella vicina Ucraina, fino alla crisi energetica e climatica che sta portando migliaia di PMI a rivedere in maniera ossessiva assetti e numeri per cercare di sopravvivere o centrare nuove strategie di sviluppo in un contesto così difficile.

Ringraziamo tutti i nostri lettori rinviando ad un 2023 in cui come sempre il Team Finanza e Controllo di AICIM darà supporto a decine di Imprese attraverso gli strumenti operativi del BDS Check® e agli articoli per informare e rendere sempre più diffusa la cultura di Impresa, certi di fare la cosa giusta per il nostro sistema-Paese.

A cura del Team Finanza e Controllo

Coordinatore del Team: Andrea Spensieri

Vice-Coordinatori: Alessandro Pistagnesi, Stefano Casoni

Contributi tecnici: Alessandro Pistagnesi, Michele Sgarbossa, Marco Curti, Carla Castagnoli.